La detenzione e lo spaccio di stupefacenti sono puniti ai sensi dell’articolo 73 del Dpr 309/90. La norma stabilisce che chiunque, senza l’autorizzazione di cui all’articolo 17, coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alla tabella I prevista dall’articolo 14, è punito con la reclusione da sei a venti anni e con la multa da euro 26.000 a euro 260.000.
L’articolo 73 e il reato di lieve entità
Ai fini della trattazione che quest’articolo si prefissa è necessario focalizzarsi in via preliminare sull’ipotesi del cosiddetto «spaccio lieve», trattato al comma 5 dell’articolo 74 Dpr 309/90, il quale stabilisce che, salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque commette uno dei fatti previsti dal presente articolo che, per i mezzi, la modalità o le circostanze dell’azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, è di lieve entità, è punito con le pene della reclusione da sei mesi a quattro anni e della multa da 1.032 euro a 10.329 euro.
La Corte di Cassazione sull’articolo 73 comma 5
La Suprema Corte è stata più volte chiamata a pronunciarsi sull’articolo 73 e in particolare sull’ipotesi della lieve entità, invocata dalle difese degli imputati in numerose circostanze.
In tal senso appare di rilievo la recentissima sentenza emessa il 25 novembre 2022 dalla VI sezione penale della Suprema Corte. Con questa pronuncia la Corte di Cassazione ha giudicato errata la sentenza emessa dal giudice di appello che aveva escluso la derubricazione del reato nell’ipotesi meno grave, sulla scorta del solo dato quantitativo.
All’imputato era stato infatti rinvenuto un quantitativo di 100 grammi (lordi) di hashish, con principio attivo del 34,1%, da cui sarebbe stato possibile ricavare 1.351 dosi medie singole. A questo dato, ritenuto dai giudici di appello assorbente, non si coniugava alcun ulteriore connotato di pericolosità idoneo a far rifluire la fattispecie al di fuori del perimetro della lieve entità.
La Cassazione e la necessità di un’analisi «globale»
Nell’argomentare la propria decisione la Sesta Sezione ha richiamato i principi consolidati in materia di fatto di lieve entità, ribadendo come quest’ultimo possa essere riconosciuto «in ipotesi di minima offensività della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione, con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio»; occorre dunque una lettura complessiva dei connotati della presunta azione illecita, potendo uno degli elementi analizzati surclassare gli altri nella logica della non lieve entità soltanto quando appaia «talmente rilevante da determinare l’assorbimento dei restanti aspetti».
La «lieve entità» e le soglie quantitative individuate dalla Cassazione
Prendendo atto del deficit legislativo, che non ha mai consentito di individuare in maniera univoca le soglie ponderali che consentono di ritenere il fatto di lieve entità, la Corte di Cassazione ha dunque esposto i risultati di uno studio ricognitivo condotto dall’ufficio per il processo della Sesta Sezione su 398 decisioni di legittimità, fissando così alcuni parametri di massima: 150 grammi per la cocaina; 107,71 grammi per l’eroina; 246 grammi per la marijuana; e 386,93 grammi per l’hashish.
La Corte ha riportato poi alcune soglie sulle quali si è innestato un più acceso dibattito, ma che sono state interessate da un maggior numero di sentenze che hanno ricondotto la fattispecie entro l’alveo del quinto comma: 23,66 grammi per la cocaina; 28,4 grammi per l’eroina; 108,3 grammi per la marijuana; 101,5 grammi per l’hashish.
Secondo il Supremo Collegio, si tratta tuttavia di informazioni tendenziali, che possono orientare l’interprete nell’ambito della più ampia valutazione di tutti i fattori di rilievo che caratterizzano il fatto illecito, sicché, «specie nelle ipotesi in cui non vi sono specifici indici della offensività del fatto, la circostanza che un dato quantitativo sia stato tendenzialmente ricondotto all’ipotesi di cui all’art. 73 comma 5 può assumere una valenza di per sé decisiva».
La Cassazione e la necessità di un’analisi qualitativa
In estrema sintesi, per i giudici di piazza Cavour, la valutazione complessiva dell’eventuale tenuità del fatto deve essere sempre svolta valorizzando tutti gli elementi agli atti dell’inchiesta. In conclusione, la Suprema Corte ha affermato che, ai fini della valutazione della sussistenza del fatto lieve, il giudice può tener conto del fatto che il dato ponderale oggetto di giudizio è stato ritenuto come compatibile con il comma 5 e, applicandosi tale principio al caso di specie, ha evidenziato come il quantitativo sequestrato, pari a 100 grammi di hashish, rientrasse a pieno titolo nel valore soglia che, dalla giurisprudenza prevalente della Cassazione, era stato ricondotto nell’ambito del fatto lieve.