Associazione mafiosa: quanti anni di pena e difesa legale
In tema di associazione di stampo mafioso, il team internazionale di ILA può vantare una lunga esperienza sul campo, costellata di casi complessi e di rilevanza globale.
Lo staff si compone, infatti, di avvocati specializzati in associazione mafiosa, particolarmente esperti in tutta la normativa vigente sul tema e relativi aggiornamenti.
Associazione di tipo mafioso: le pene previste caso per caso
Chiunque – ai sensi dell’articolo 416 bis del codice penale – fa parte di un’associazione di tipo mafioso formata da tre o più persone, è punito con la reclusione da sette a dodici anni. Coloro che promuovono, dirigono o organizzano l’associazione sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da nove a quattordici anni.
Tale articolo è stato introdotto nel nostro ordinamento, precisamente tra i delitti contro l’ordine pubblico, con la L. “Rognoni -La Torre” del 1982 al fine di estendere la punibilità anche alle condotte non rientranti nell’associazione per delinquere ex 416 c.p., perché di per sé lecite o perché non connotate dalla volontà di realizzare singole fattispecie criminose. La disposizione in esame è una norma che nasce intorno agli anni 80 in un clima di emergenza; in quel periodo si è pensato che per affrontare la mafia fosse necessario un approccio duro e senza scrupoli.
In generale, la partecipazione al sodalizio mafioso rimanda ad un fenomeno di criminalità organizzata data la pluralità di soggetti attivi. Trattasi, invero, di delitto associativo il quale richiama “un accordo” che è “diretto all’attuazione di un più vasto programma criminoso, che precede e contiene gli accordi concernenti la realizzazione dei singoli crimini e che permane dopo la realizzazione di ciascuno di essi”
Ai sensi dell’art 416 bis c.p. per promotore deve intendersi il soggetto che ha stimolato inizialmente l’associazione, per costitutore colui che, insieme al promotore, ha determinato la nascita del sodalizio, mentre per organizzatore colui il quale ne ha regolamentato l’attività.
Per quanto concerne il semplice “partecipe”, invece, egli è colui che mette stabilmente a disposizione il proprio contributo. Costui deve essere inserito in maniera nella struttura associativa, restando sempre a disposizione.
Che differenza c’è tra mafia e associazione a delinquere?
Sul tema, una delle principali domande che in molti si pongono è: “Che differenza c’è tra mafia e associazione a delinquere?”. Ebbene la risposta a questa domanda non è affatto banale e permette di comprendere fino in fondo il motivo dell’introduzione di questa specifica fattispecie di reato all’interno del nostro ordinamento.
L’associazione di stampo mafioso, infatti, nasce come una specificazione e differenziazione rispetto a quella a delinquere e, oltre a prevedere pene molto più gravi, si differenzia sotto tre aspetti:
1) Il metodo mafioso, vale a dire la forza del vincolo associativo e la condizione di omertà delle vittime,
2) La finalità prevista, ovvero commettere delitti, acquisire in modo diretto o indiretto il controllo o la gestione di attività economiche, appalti e servizi pubblici, realizzare profitti ingiusti, impedire il libero esercizio del voto alle elezioni
3) L’elemento soggettivo, ovvero il dolo specifico, per cui non basta la volontà di delinquere ma occorre che i colpevoli siano consapevoli e coscienti di contribuire con la loro condotta a rinforzare il potere della mafia.
In questo contesto, lo staff di International Lawyers Associates è in grado di fornire una difesa senza eguali. Lo studio legale associato ILA infatti vanta la collaborazione di avvocati esperti in associazione mafiosa, professionisti di grandissima esperienza i quali hanno maturato la propria esperienza partecipando ai processi più delicati. Si tratta di avvocati che, senza cercare risonanza mediatica, neanche nel caso di maxiprocessi, hanno sostenuto la difesa di individui accusati di alcuni tra crimini più gravi previsti dal nostro ordinamento.
Quando un’associazione risulta di tipo mafioso
L’associazione è di tipo mafioso – quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri, ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali.
La norma in esame, dunque, individua espressamente dell’intimidazione e nell’ assoggettamento gli elementi principali della fattispecie. In merito, la giurisprudenza prevalente ritiene che la “forza di intimidazione” debba essere intesa nel senso che: “l’associazione abbia come programma il ricorso alla forza di intimidazione per realizzare i propri scopi, quindi non viene ritenuto necessario l’effettivo ricorso dell’associazione al compimento di atti intimidatori. Pertanto non necessariamente deve esservi il ricorso ad atti di minaccia, deve però sussistere un alone penetrante e avvertibile di presenza intimidatoria e sopraffattrice, frutto di uno stile di vita consolidato nel tempo”
Ora, la condizione di assoggettamento e di omertà è la diretta conseguenza dell’effettivo manifestarsi della forza di intimidazione del vincolo associativo. In questo senso l’assoggettamento consiste in uno stato di sottomissione o succubanza psicologica che si manifesta nelle potenziali vittime del sodalizio, e non è assolutamente da riferire ai singoli associati, ipotizzando un rapporto di soggezione tra questi e i capi. L’omertà, invece, costituisce un elemento tipico della fattispecie e si correla direttamente alla forza di intimidazione dell’associazione di stampo mafioso. Questa, di fatto, consiste nel rifiuto di collaborare con gli organi dello Stato e può derivare dalla paura di danni alla propria persona, di modo che sia diffusa la convinzione che collaborare con l’autorità giudiziaria non impedirà gravi ritorsioni dannose.
In ogni caso, è necessario specificare come il dovere dell’Avvocato si sostanzia nel difendere tutti, vittime e presunti colpevoli. L’avvocato penalista deve essere in grado di garantire che il processo si svolga nel rispetto della legge e che la colpevolezza venga accertata all’esito di un “giusto processo” senza intromissioni da parte mass media e soprattutto senza che avvenga alcun tipo di spettacolarizzazione.
La politica dello studio legale avvocati penalisti International Lawyers Associates prevede l’accettazione di ogni tipo di difesa, dimostrando una particolare competenza per tutti quei reati di “stampo mafioso” ad oggi così discussi.
Se un’associazione è armata
Il nostro ordinamento prevede per tale fattispecie di reato alcune circostanze aggravanti che consentono al giudice, se contestate, di aumentare anche di molto la pena; tra queste vi è la connotazione armata dell’associazione.
Se l’associazione è armata, infatti, si applica la pena della reclusione da nove a quindici anni nei casi previsti dal primo comma e da dodici a ventiquattro anni nei casi previsti dal secondo comma.
L’associazione si considera armata quando i partecipanti hanno la disponibilità, per il conseguimento della finalità dell’associazione, di armi o materie esplodenti, anche se occultate o tenute in luogo di deposito. Se le attività economiche di cui gli associati intendono assumere o mantenere il controllo sono finanziate in tutto o in parte con il prezzo, il prodotto, o il profitto di delitti, le pene stabilite nei commi precedenti sono aumentate da un terzo alla metà.
In generale i reati connessi alla criminalità organizzata soggiacciono a pene molto severe: carcere da 12 a 18 anni e la pena, come sopra illustrato, è aumentata se il fatto è commesso con armi o è finanziata da profitti illeciti.
In proposito, l’aggravante della disponibilità di armi, di cui all’art. 416-bis, commi 4 e 5, cod. pen., è configurabile a carico dei partecipi che siano consapevoli del possesso delle stesse da parte della consorteria criminale o che, per colpa, lo ignorino. (Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 32373 del 19 luglio 2019)
Colui che assume la difesa alla luce della suddetta contestazione deve cercare di trovare la via migliore per tutelare il suo cliente; via che in questi casi, il più delle volte, è rappresentata da un’efficace difesa tecnica.
La confisca dei beni
Il legislatore per tale ipotesi delittuosa ha previsto che oltre alla detenzione, il giudice debba comminare anche la pena accessoria della confisca dei beni che costituiscono profitti o proventi dei reati mafiosi. Questi beni diventano di proprietà dello Stato che in genere li riutilizza per fini sociali, creare associazioni o cooperativi per aiutare le vittime di mafia.
Nei confronti del condannato, dunque, è sempre obbligatoria la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto, il profitto o che ne costituiscono l’impiego.
I provvedimenti di confisca dei beni, emanati dall’Autorità Giudiziaria nei confronti dei soggetti indagati per reati afferenti alla sfera dell’organizzazione mafiosa, si sono da sempre scontrati con un ostacolo spesso insormontabile: la diversità di applicazione delle misure penali tra gli Stati membri dell’Unione Europa, che rendeva ineseguibili tali misure. Spesso è avvenuto che un provvedimento emanato dall’autorità italiana non venisse eseguito poiché nello Stato di destinazione, in cui erano presenti i beni da sottoporre alla misura, tale provvedimento non era suscettibile di esecuzione per via della differente legislazione.
Ad oggi, tuttavia, grazie al regolamento 2018/1805 (direttamente applicabile, a differenza delle direttive, le quali hanno necessità di ratifica da parte degli Stati membri), è stata attuata un’estensione importante del campo di applicazione delle misure preventive italiane portandole a livello europeo.
Ecco, dunque, un motivo in più per affidarsi ai legali specializzati in associazione di stampo mafioso dello Studio International Lawyers Associates i quali sono costantemente aggiornati sulla tutta la normativa nazionale e internazionale inerente il reato di cui all’art. 416 bis c.p.
Forza intimidatrice del vincolo associativo
Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alla camorra, alla ‘ndrangheta e alle altre associazioni, comunque localmente denominate, anche straniere, che valendosi della forza intimidatrice del vincolo associativo perseguono scopi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso.
Per quanto concerne le diverse tipologie di associazioni di stampo mafioso, la giurisprudenza prevalente ritiene che per la prova della sussistenza della associazione mafiosa è necessario che sia dimostrata l’esistenza di una forza di intimidazione accumulata attraverso la consumazione di delitti a base violenta idonei ad ingenerare timore; tali azioni violente non devono essere necessariamente contestuali alle condotte di partecipazione potendo preesistere alle stesse. Inoltre, il dato di maggior rilievo è rappresentato dal fatto che per le mafie a base etnica la forza di intimidazione del gruppo non deve essere necessariamente diretta all’assoggettamento della popolazione di un territorio, ma può anche essere funzionale al controllo ed alla sottomissione di un gruppo di persone ristretto in quanto facente capo ad una medesima comunità.
Certamente in questo ambito la serietà e la competenza della difesa sono fondamentali, e queste, come è noto, sono competenze che il nostro team di professionisti è in grado di offrire, grazie ad un staff di avvocati esperti in associazione mafiosa.