Un Caso Giudiziario Analizzato dalla Suprema Corte di Cassazione
Nel contesto dell’interpretazione dell’art. 705 del codice di procedura penale, la Suprema Corte di Cassazione ha esaminato un caso di estradizione verso la Giordania, emettendo una sentenza (Sez. VI n. 24348_2023) che merita attenzione.
Sintesi del Caso
La difesa ha presentato ricorso contro una sentenza della Corte d’Appello di Milano che ha accolto la richiesta di estradizione presentata dal Governo giordano nei confronti del ricorrente. Quest’ultimo era soggetto a un mandato di cattura internazionale per una condanna a tre anni di lavori forzati, riconosciuto colpevole di tratta di esseri umani secondo la legge giordana contro la tratta delle persone.
Motivazioni del Ricorso
Il ricorso si basava su due principali argomentazioni:
- Violazione dei Principi Fondamentali: Si contestava la natura della pena che il ricorrente avrebbe dovuto scontare in Giordania, sottolineando la contrarietà agli ordinamenti interni e convenzionali, in particolare all’art. 4, paragrafo 2 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, che proibisce i lavori forzati. Si evidenziava anche la precaria salute del ricorrente, incompatibile con le condizioni carcerarie giordane.
- Pericolo per la Vita del Ricorrente: Si sollevava il rischio di morte per il ricorrente in caso di estradizione, citando minacce ricevute dall’etnia sunnita maggioritaria in Giordania, a causa della sua appartenenza a una minoranza etnica e religiosa.
Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha accolto il primo motivo di ricorso, annullando la sentenza con rinvio alla Corte d’Appello di Milano per ulteriori valutazioni. Tuttavia, ha respinto il secondo motivo, sostenendo che il pericolo di atti discriminatori o persecutori non costituisce di per sé un motivo sufficiente per negare l’estradizione.
Approfondimento sull’Aspetto dei Lavori Forzati
Nel valutare la natura dei lavori forzati previsti dalla legislazione giordana, si è evidenziato che la Corte territoriale ha considerato ammissibile il lavoro durante la detenzione, in conformità con la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Tuttavia, si è sottolineata la necessità che tali lavori siano compatibili con i diritti fondamentali della persona e orientati alla rieducazione e reintegrazione sociale del condannato.
Conclusioni e Prossimi Passi
L’annullamento della sentenza impugnata offre l’opportunità alla Corte d’Appello di Milano di riesaminare il caso, in particolare per quanto riguarda la natura dei lavori forzati previsti per il ricorrente. È importante che le valutazioni future considerino attentamente questi aspetti, garantendo la piena tutela dei diritti fondamentali dell’estradando.