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Estradizione in Giordania – La Sentenza della Suprema Corte

Contesto del Caso e le Doglianze del Ricorrente

Nel contesto giuridico italiano, la Suprema Corte di Cassazione ha recentemente emesso una sentenza rilevante riguardante un caso di estradizione verso il Regno Hashemita di Giordania. Nel presente documento, esamineremo i dettagli di questa sentenza e le questioni sollevate dal ricorrente.

Il caso riguarda un individuo contro cui è stato emesso un mandato di cattura internazionale a seguito di una condanna a tre anni di lavori forzati in Giordania. Il ricorrente è stato ritenuto colpevole di tratta di esseri umani in base alla legge giordana contro la tratta di persone.

Il ricorrente ha presentato due motivi di ricorso. Il primo motivo afferma che la pena di lavori forzati in Giordania è incompatibile con i principi fondamentali dell’ordinamento italiano e convenzionale, in particolare con l’art. 4, paragrafo 2, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), che vieta i lavori forzati. Inoltre, si fa notare che le condizioni di salute del ricorrente sono gravi e incompatibili con il periodo di detenzione in Giordania.

Il secondo motivo riguarda il pericolo di morte cui il ricorrente sarebbe esposto in caso di estradizione. La documentazione ufficiale rilasciata dal Ministero della Giustizia della Giordania indica che il ricorrente è stato minacciato di morte da parte dell’etnia sunnita, maggioritaria nel paese richiedente, a causa delle azioni commesse in precedenza.

Decisione della Suprema Corte e Considerazioni

La Suprema Corte, in linea con le conclusioni della Procura generale, ha annullato il provvedimento gravato con rinvio alla Corte d’appello di Milano a causa della fondatezza del primo motivo di ricorso. Tuttavia, ha respinto il secondo motivo sollevato dal ricorrente riguardo al pericolo di morte in Giordania.

La Corte ha sottolineato che il divieto di lavori forzati previsto dall’art. 705 del codice di procedura penale italiano non si applica necessariamente al lavoro imposto ai detenuti, in conformità con la CEDU. Inoltre, l’autorità richiedente ha assicurato che il lavoro assegnato al ricorrente sarà adatto alla sua età e condizione di salute.

Tuttavia, la Corte ha evidenziato la mancanza di un’adeguata verifica sulle specifiche caratteristiche dei lavori forzati previsti dalla legislazione giordana. Ha sottolineato che dovrebbe essere stabilito in modo chiaro che tali lavori non violino i diritti fondamentali dell’individuo e che siano orientati verso la rieducazione e la reintegrazione sociale del condannato.

Pertanto, la sentenza è stata annullata e rimandata alla Corte d’appello di Milano per un riesame più accurato delle condizioni dei lavori forzati in Giordania e delle implicazioni sui diritti fondamentali del ricorrente.

In conclusione, il caso di estradizione in Giordania ha sollevato importanti questioni riguardo alla compatibilità dei lavori forzati e al pericolo per la vita del ricorrente. Mentre il primo motivo di ricorso è stato accolto, il secondo è stato respinto, ma il provvedimento è stato comunque annullato per consentire una revisione più approfondita delle condizioni dei lavori forzati in Giordania e delle garanzie per i diritti fondamentali dell’individuo coinvolto.